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X-Men Le Origini

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1X-Men Le Origini Empty X-Men Le Origini Mar Lug 17, 2012 3:49 pm

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DESCRIZIONE

Il mondo dei fumetti è sempre stato una fonte di idee e di personaggi carismatici per quello dei videogiochi che, in tantissime circostanze, ha attinto a piene mani dal panorama della carta stampata, con risultati alterni a livello di critica ma, in genere, con vendite soddisfacenti, derivate dallo sfruttamento di un’immagine o un eroe cui il pubblico è particolarmente legato.

Secondo molti, Wolverine è il più riuscito tra gli eroi che fanno parte del gruppo degli X-Men, mutanti ghettizzati da una società gretta e razzista, che però contribuiscono a salvare periodicamente dalle mire di un altro spietato gruppo di mutanti, guidati dal diabolico Dottor Destino.

Peraltro, agli X-Men sono associati due titoli più che dignitosi per il portatile di casa Sony, quali Marvel La grande Alleanza e X-Men Rise of the Apocalypse, ed era quindi lecito aspettarsi un gioco all’altezza anche per la versione video ludica del recente blockbuster con protagonista il demone d’adamantio. Obiettivo riuscito solo in parte. Vediamo perché.


Genesi di un mito
Ripercorrendo a grandi linee la trama della pellicola tutta azione ed esplosioni prodotta da 20th Century Fox, il gioco ci porterà indietro fino addirittura al XIX secolo, a scoprire le origini del mutante Wolverine, una volta conosciuto con il nome mortale di James Hewlett, la natura del suo tormentato rapporto con il prof. Stryker e con suo fratello Creed, dotato di poteri affini.

Ovviamente, verremo a conoscenza anche dei particolari su ciò che più interessa ai fan di Logan, ovvero la nascita e l’inserimento dell’esoscheletro di adamantio che lo rende praticamente invulnerabile ai colpi (oltre a donargli eccezionali capacità rigenerative).
Sebbene la trama risulti molto spezzettata, limitandosi a brevi cutscenes realizzate con il motore del gioco prima di ogni missione, per i fan non c’è molto da lamentarsi, se è vero che il titolo chiarisce sufficientemente il passato di un personaggio tanto oscuro quanto amato.

Un po’ come altri suoi colleghi, X-Men Origins: Wolverine non brilla particolarmente per varietà di gioco: è presente una sola modalità consentita alla prima accensione della console, quella principale; rimane tuttavia incomprensibile la scelta dei programmatori di gestire i salvataggi del gioco su un unico file, con il sistema di auto salvataggio, non consentendo al giocatore di tentare di nuovo un livello già giocato per portare a termine missioni secondarie o semplicemente per tentare un approccio diverso alle situazioni proposte.

Per far ciò, è necessario finire il gioco e rigiocarlo da zero, e, come vedremo, non si è particolarmente invogliati a farlo.


L’agilità di un supereroe
Dopo pochi minuti con la vostra PSP in mano, sarete già padroni della situazione, vuoi per la semplicità del sistema di controllo e del basso livello di difficoltà dei primi livelli, vuoi per la mancanza di troppi ghirigori: la meccanica di gioco porta all’esasperazione il concetto di button mashing, ovvero del forsennato pigiare sui tasti del pad per progredire nell’avventura.

In genere il tasto pigiato sarà il triangolo, che corrisponde all’affondo potente di Wolverine mentre occasionalmente sarà richiesto di premere quadrato (attacco rapido) per i nemici più veloci, o di saltare (tasto X) per schivare colpi nemici. Tutto qui.

Occasionalmente apparirà a schermo un’icona raffigurante il tasto cerchio che, se premuto al momento giusto, consentirà al nostro alter ego un balzo felino su un nemico, che verosimilmente sarà ridotto in poltiglia da questa azione. Un sistema di comandi di questa semplicità, privo di combo e particolari combinazioni di tasti, si rivela uno dei punti di forza, almeno fino alle 4-5 ore di gioco, allo scoccare delle quali si sente la mancanza di qualcosa d’altro, di più vario, di maggiormente coinvolgente.
In più, X-Men Origins: Wolverine sembra afflitto dallo stesso problema di molti altri giochi aventi un protagonista particolarmente carismatico: l’eccessiva forza di questo, con uno sbilanciamento evidente del livello di difficoltà complessivo.

Le cose, ad onor del vero, analogamente ad altri titoli action che vantavano un eroe “macchina da guerra” (pensiamo a Kratos o a Dante di Devil May Cry), migliorano con il progredire dell’avventura, quando, per ovviare alle capacità d’attacco e rigenerative di Wolverine, lo schermo della nostra PSP sarà letteralmente sommerso di nemici, molti dei quali armati di lanciafiamme, ovvero dell’unico elemento naturale che impedisce la rapida rigenerazione del personaggio principale.

In particolare, daranno filo da torcere alcuni boss di fine livello, su tutti Creed, spietato fratello di Logan (sappiate solo che rigenera anche lui i danni subiti) e l’Agente Zero, in possesso di una tuta mimetica che lo rende invisibile, se non ai vostri sensi ferali.

Questi ultimi costituiscono una buona trovata, anche se implementata in maniera troppo semplicistica: grazie ad essi, Wolverine è in grado di vedere, con una sorta di terzo occhio, trappole e nemici distanti, e di scegliere di conseguenza quale strada prendere dinanzi ad un bivio.

Purtroppo, però, al giocatore non è lasciata la facoltà di usarli a piacimento, ma essi saranno sfruttabili solo in determinati punti della storia, ovviamente predeterminati, come nel caso dello scontro con l’Agente Zero. Peccato, perché questo vanifica lo sforzo dei programmatori di implementare nel gioco tutti i poteri del protagonista, a partire dalla capacità di curare le proprie ferite (nel gioco non sono presenti pozioni o magie curative).

I livelli non sono troppo ispirati, in genere c’è una sola strada da seguire ed è costellata di nemici che, pur differenziandosi significativamente a livello estetico, seguono pattern di comportamento affini, e finiscono per soccombere con troppa facilità agli artigli di Wolverine, dando al giocatore un gradevole senso di potenza ma anche, alla lunga, sottraendogli un adeguato livello di sfida.

Come se non bastassero le enormi capacità del personaggio, avremo anche un indicatore di furia, in alto a sinistra dello schermo, che si riempirà quando Wolverine prenderà diversi colpi, e al cui riempimento potremo attivare la modalità Furia, che per qualche secondo ci permetterà di atterrare i nemici con un solo colpo, ripulendo lo schermo da ogni presenza fastidiosa.


Dal grande schermo al piccolo
Dove X-Men Origins: Wolverine guadagna punti è sicuramente a livello tecnico: il motore che muove il gioco è solido e preciso, nulla di entusiasmante, intendiamoci, ma svolge il suo lavoro senza fatica, assicurando un framerate sempre all’altezza e non presentando problemi di collisione o compenetrazione delle costruzioni poligonali, che, nonostante le capacità di PSP sono tristemente frequenti.

Questo nonostante una palette di colori discutibile, che vi costringerà probabilmente ad alzare al massimo il livello di luminosità dello schermo, con conseguente consumo di batteria.

Ma a stupire sono i filmati in CG: la loro qualità è eccellente, a un passo da quelli che in FFVII: Crisis Core avevano fatto gridare al miracolo, e in generale tra i migliori mai visti sulla piccola di casa Sony.

Distribuiti con sapienza dopo alcuni tra gli scontri più impegnativi, sembrano quasi ricompensare il giocatore con una magnificenza grafica che rende finalmente giustizia al potente hardware su cui il gioco gira; in essi, Wolverine ha i tratti di Hugh Jackman, suo alter ego cinematografico e tutto, dall’espressione dei volti alle scene di combattimento, è al posto giusto.

A rovinare parzialmente la scena, c’è un audio non all’altezza del video, soprattutto nella sua versione italica: se da un lato è apprezzabile il voler localizzare il gioco (che è completamente in italiano, sia nei testi a schermo che nel parlato), dall’altro sarebbe meglio assicurare anche alle versioni europee dei doppiatori di qualità, perché altrimenti sarebbe meglio lasciare la traccia americana e aggiungerci i sottotitoli appropriati.

La recitazione è piatta, anche nei momenti di maggior enfasi e non solo non aggiunge nulla all’esperienza di gioco, come i rumori di sottofondo durante i livelli, ma addirittura abbassa il livello di immersione nella vicenda narrata, già non aiutato dal bassissimo livello di personalizzazione del gioco.

Detto di una difficoltà altalenante, che propone nemici ordinari sin troppo deboli e boss di fine livello sin troppo impegnativi, la longevità non è uno dei punti di forza della produzione Activision, attestandosi sulle 7-8 ore di gioco, e, se questa è un po’ la media del genere, è pur vero che non sarete affatto spinti a riprendere l’UMD in mano dopo aver completato l’avventura.

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